Siete mai stati in una basilica laica?
Io sì.
Sulla cima di una montagna possente e bellissima, al posto di campanile e altari, si erge un monumento all’aperto, di un bianco accecante e dalla linearità perfetta. Dalla cima della montagna, al di là delle nuvole, il panorama è mozzafiato.
A Cima Grappa, al posto delle tombe dei martiri, ci sono quelle di due generazioni di italiani, boemi, ungheresi, austriaci. Sono più di ventiduemila, la maggior parte senza nome, morti durante le battaglie dell’ultimo anno della Prima Guerra Mondiale.
Fra loro c’è anche Peter Pan, in questo caso non il folletto disneyano, ma un ragazzo ungherese, nato più o meno negli anni in cui veniva scritto il romanzo omonimo, e costretto a crescere fin troppo in fretta. La sua tomba è l’unica su cui mani misteriose ancora lasciano fiori e piccole conchiglie, venute forse dal mare dell’Isola Che Non C’è.
La strada per arrivare a questo luogo sacro è tortuosa, costruita quando ancora la Grande Guerra si combatteva sul Carso, e il Monte Grappa era solo il Piano B di un conflitto mondiale portato avanti da una parte con tecnologie avanzatissime per l’epoca, e dall’altra con obsolete strategie ottocentesche. Strategie che puntavano sui grandi numeri, sul logoramento delle forze nemiche, su attacchi che assomigliavano a un suicidio di gruppo.
Tutto cambiò dopo la disfatta di Caporetto e dopo la gigantesca ritirata italiana che ne seguì: con il nuovo fronte sul Piave, per la sua posizione il Grappa diventò l’ultimo baluardo, l’ultima speranza per le popolazioni della Pianura Padana, che temevano di dover subire l’invasione dei soldati del Kaiser. “Al Grappa è la Patria”, disse il re Vittorio Emanuele: fu proprio questa frase, ripresa dal Primo Ministro e da altri, che ispirò la Canzone del Grappa, che all’epoca ebbe un successo pari alla famosa “Leggenda del Piave” di E.A. Mario.
“Monte Grappa, tu sei la mia patria
sopra te il nostro sole risplende
a te mira chi spera ed attende
i fratelli che a guardia vi stan”
Il momento quindi era tragico e il nemico doveva essere fermato a tutti i costi. Fu così che, in pochi mesi, la strategia cambiò radicalmente e il Grappa fu reso praticamente imprendibile, nonostante il grande eroismo dimostrato dall’esercito austro-ungarico fino alla fine.
Un contributo determinante alla vittoria fu dato dalle gallerie del Grappa: chilometri di tunnel scavati dentro la montagna e che finivano con pertugi in mezzo ai boschi, da cui gli italiani organizzavano la micidiale “cintura di fuoco”, ovvero un fuoco incrociato di obici e mitragliatrici, che non lasciava scampo al nemico e gli impediva di ricevere i rifornimenti. Nelle gallerie fanti e alpini italiani dormivano, ricevevano le prime cure, scrivevano alle famiglie, vincevano la guerra.
Dopo più di cento anni, è emblematico vederli in questa tomba collettiva, senza molte differenze fra ufficiali e soldati semplici, italiani e no, morti proprio all’apertura di un secolo che ha visto l’affermarsi dell’individuo sulla massa, dei cittadini semplici sui Grandi Imperi del passato.
Informazioni utili:
Tour di Cima Grappa: mezza giornata, effettuabile solo in primavera-estate. Comprende il percorso della Strada Cadorna, visita delle gallerie, del museo della Grande Guerra e del Sacrario Militare.
Abbinabile con la visita culturale di Bassano del Grappa e Marostica.