A Villa Barbaro, quando al tramonto l’atmosfera ricorda i cieli del Tiepolo, scorgo una fisionomia familiare.
– Paolo!! Ma sei qui?
– Certo che sono qui! La gente mi confonde con quel cacciatore che ho dipinto sul muro in fondo alla barchessa* della villa, ma è leggenda, dato che io a caccia non ci andavo! A meno che non si trattasse di ragazze…
– Ma cosa fai adesso? Insomma, sei morto da più di quattro secoli….siediti dai, dimmi dimmi.
– Mi trovo benissimo, in Paradiso il Titolare è puntuale nei pagamenti e vedo spesso Andrea Palladio. A proposito, dice di salutarti tanto. Ci ripromettiamo sempre di seguire uno dei tuoi tour, ma poi ci manca il tempo.
– Grazie Paolo, siete i benvenuti. Senti, hai saputo che sono stati ritrovati di recente un paio di tuoi dipinti?
– Sì lo so..… Se ti racconto tutta la storia, mi prometti che non la dici a nessuno?
– Ma certo, figurati!
– Avevo più o meno vent’anni ed ero appena arrivato a Venezia, pieno di belle speranze….e di testosterone. Pensavo sempre alla….ehm….all’arte romana, a Michelangelo, e a tutto ciò che avrei potuto fare in una città così magnifica, se avessi saputo sedurla. Per fortuna un gran signore mi aveva ordinato dei dipinti per un ufficio pubblico: quel signore era nientemeno che Daniele Barbaro. La Serenissima lo aveva obbligato a prendere i voti per poi farlo diventare patriarca e anticipare le mosse del papa, ma le cose sono andate diversamente e Barbaro è rimasto patriarca solo sulla carta. Guarda Francesca, io non ho mai conosciuto nessuno con una cultura così sconfinata: sapeva tutto di astronomia, letteratura, architettura, musica….a volte stufava però, mi dava ordini, diceva come dovevo rappresentare i personaggi ….io un po’ lo ascoltavo e un po’ facevo finta di ascoltarlo, prendendomi anche qualche licenza, di quelle che si possono prendere solo i pittori e i matti, hai presente?
– “Veronesi tuti mati”, come te!
– Senti, magnagati di una vicentina!!!! Siamo professionisti, noi pittori, e i clienti devono saperlo! Comunque, Daniele Barbaro non me l’ha mai detto di persona, però gli sbruxava tantissimo perchè i venexiani lo prendevano in giro, parché el volea rabaltar sù tuto: la navigazione, l’architettura, l’esercito, la scienza, il diritto…..Era la sua sfida a quelli con la mentalità da vecchi. Pensa che poi alla fine su tante cose gli hanno dato ragione, ma intanto lui si è fatto un fegato così. Ma ti devo raccontare tutto senza bere? Cosa stai bevendo tu? Addirittura bollicine….beo ciò!
– Si chiama Prosecco. E’ un vino bianco spumante, creato nell’800. Lo producono qui in zona, la famosa Prosecco Land. Vengono da tutto il mondo per vedere i nostri vigneti e assaggiarlo, si fa addirittura concorrenza alla Francia.
– Ma varda ti le robe che me son perso in sti quatro secoli…..deso lo ordino anca mi! (si ordina il calice di prosecco e poi se lo beve tutto d’un fiato, con sapiente scatto del polso, tutto veneto. Poi se ne ordina un altro. Gli faccio presente che eventualmente c’è anche il cabernet. Allora ne beve due anche di quelli).
– Poi con Daniele Barbaro siete rimasti in contatto, no?
– Sì, abbiamo fatto grandi cose, anche con Andrea. Cose mai viste, in Laguna, ma l’opera, l’impresa è stata questa: la villa privata dei Barbaro, con la filosofia di Daniele, l’architettura di Palladio, le mie pitture! Mentre i signori come Daniele Barbaro inventavano il Rinascimento, noi artisti gli davamo una forma. Ma c’erano anche le donne…..Giustiniana, la cognata di Daniele, madre chioccia, orgogliosa dei figli. Avrebbe tanto voluto una bambina, ma purtroppo ha avuto solo maschi. Infatti, si era molto affezionata alla figliola d’un servo e me l’ha fatta dipingere nella sala d’ingresso, abbigliandola come una bambola bionda, in mezzo a tutte quelle belle donne con gli strumenti musicali che ho dipinto sulle pareti. La musica, emblema dell’armonia e della pace familiare. Ho rappresentato anche le armi, ammassate negli angoli come simbolo di pace, ma anche a portata di mano in caso di attacco. Tutto questo accoglieva gli ospiti dei Barbaro. E poi la balaustra della sala dell’Olimpo, con il ritratto di Giustiniana, dei suoi figli, in perenne attesa di quel marito e padre che non arrivava mai……Marcantonio Barbaro, il fratello di Daniele. Praticamente non era mai a casa, era ambasciatore ed era sempre in giro, addirittura si è beccato gli arresti domiciliari a Istanbul a causa dei problemi che la Serenissima aveva con i Turchi. Marcantonio era marito geloso della sua bella moglie e ho dovuto persino creare per lei dei riferimenti espliciti alla sua fedeltà all’interno dei miei affreschi.
– Non mi dire che ci hai provato anche con lei!
– Una Giustinian? Non mi sarei mai permesso. Io sono vivace, ma non sono stupido. Era bella Giustiniana, vicina agli dèi come io l’ho rappresentata, gentile…o forse ero io che mi facevo influenzare dal luogo, dal vino, dall’armonia che ancora si respira in questo posto. Il tempo si è fermato, e non solo per me. Sono orgoglioso di aver partecipato a questa impresa, sai. I veneziani pensavano sempre al passato, ma a metà Cinquecento ti pare che potessimo ancora perdere tempo con lo sfumato? Io invece gli ho mostrato che bisogna essere coraggiosi, accostare i colori in modo da far sembrare i personaggi vestiti di luce. E poi gli sfondi, l’architettura… Andrea mi ha aiutato tantissimo. C’è chi dice che litigavamo, ma la xe ‘na monada! Si discuteva, è vero, ma come avremmo potuto creare tutto questo insieme se non fossimo stati amici, se non l’avessimo pensata allo stesso modo? E il vino delle colline intorno alla villa dei Barbaro, ti pare che non potesse metterci tutti d’accordo? Dai, un altro cabernet, offro io!
– Grazie, Paolo.
*barchessa: portico delle Ville Venete