La nascita di un capolavoro
E’ l’anno 1500: Giovanni Bellini si trova a Vicenza, chiamato da un nobile per dipingere una pala d’altare sulla sua tomba di famiglia. Bellini viene da Venezia ed è il più grande pittore del suo tempo, ricercato dai committenti, e venerato come un maestro dai suoi colleghi. Non amava spostarsi da Venezia, ma quando lo faceva veniva qui, perché aveva trovato una città accogliente e dei committenti sensibili, e soprattutto in grado di pagare bene, perché era un pittore costoso.
Il Battesimo di Gesù è stato dipinto per Giovanni Battista Garzadori, un mercante di tessuti che doveva adempiere a un voto: andare in pellegrinaggio in Palestina, e tornare a casa vivo. La cosa non era così scontata all’epoca: è vero che i pellegrini si muovevano con dei lasciapassare, ma il viaggio era lungo e un pellegrino avrebbe potuto anche essere derubato o ucciso. Una volta tornato, Garzadori decide di far raccontare proprio a Bellini la storia di quel viaggio, finanziando uno dei suoi più grandi capolavori.
La storia dietro il dipinto
La scena si svolge sul fiume Giordano, proprio il luogo dove Garzadori era andato come pellegrino. L’opera è un olio su tavola, divisa da una linea immaginaria che la taglia in due parti: al centro è Gesù, assoluto protagonista, rappresentato però in un gesto di sottomissione che risale all’epoca romana, quando si volevano raffigurare gli schiavi. E’ sottomesso all’autorità divina, così come lo sono gli altri personaggi: Giovanni, che lo battezza usando una ciotola sospesa esattamente fra la testa di Gesù e la colomba dello Spirito Santo. E a sinistra, tre bellissimi angeli, oppure, se vi piace di più, le virtù di Fede, Speranza e Carità. Sarebbero questi i ritratti delle figlie di Garzadori, infatti un po’ si assomigliano fra loro queste tre biondine. Indossano i tre colori primari, giallo, blu e rosso, da cui si originano tutti gli altri. E qui c’è un gran tocco di classe di Giovanni Bellini: dal drappo rosso dell’angelo, si riverbera una luce che si riflette sul perizoma di Gesù.
Non è però solo questo tocco da grande maestro che ci dice che il dipinto è di Giovanni Bellini, anzi, ce lo dice proprio lui, Bellini in persona. Il quadro è firmato: sotto la figura del Battista vediamo un cartiglio, così realistico da sembrare quasi uno di quei pezzettini di carta autoadesivi, che poi si staccano sempre. Qui l’artista si firma, Johannes Bellinus, quasi a mettersi anche lui sotto la protezione del santo di cui porta il nome, così come aveva fatto Giovanni Battista Garzadori. Più in basso, un pappagallo osserva la scena. Nei dipinti di questa epoca, gli animali non erano mai messi a caso, ma questo è un pappagallo speciale perché si è posato lì dopo che Bellini aveva terminato il suo lavoro. Forse solo qualche anno dopo, o forse addirittura secoli dopo: infatti, si tratta di una specie di pappagallo originaria della Nuova Guinea, e nell’anno 1500 la Nuova Guinea non era ancora stata scoperta. Sappiamo che il quadro è stato restaurato nell’800, e qui forse qualcuno ha forse voluto trarci in inganno.
Il segreto del suo successo
La riva del fiume Giordano è rocciosa, proprio come lo sarà il sepolcro di Gesù: questa scena vuole rappresentare la salvezza per tutti, mostrandoci contemporaneamente il battesimo e la resurrezione. Dietro Gesù vediamo l’acqua da cui tutto nasce, e al di là del fiume un paesaggio perfetto, un’idea di Paradiso che però ricorda molto più le colline venete che il Giordano, con sullo sfondo un cielo come se ne vedono spesso da noi. Bellini non era mai stato sul fiume Giordano, e dipinge ciò che conosce: un paesaggio di terraferma veneta, dove immagina dei personaggi in realtà vissuti altrove, in un’altra epoca. Vuole dirci che una salvezza è possibile per tutti, dappertutto e sempre. In questo scenario locale c’è però un dettaglio, un piccolissimo elemento orientale che ci ricorda il viaggio di Garzadori: una palma, perché i pellegrini che tornavano da Gerusalemme venivano detti palmieri.
E’ veramente “il quadro più bello del mondo”, come è stato definito da uno studioso? Non so rispondervi: dovete scoprirlo voi, venendolo a vedere, ora che conoscete anche una parte della sua storia.